Automobile
Veicolo autopropulso con più di due ruote, dotato di un vano passeggeri, guidato da un conducente e progettato per l'impiego su strada. Comunemente il termine viene usato come sinonimo di autovettura, che secondo la legislazione italiana vigente è un "veicolo stradale a motore, con quattro ruote, destinato al trasporto di un numero massimo di nove persone, compreso il conducente". I veicoli di maggiori dimensioni, progettati per un numero più alto di passeggeri, vengono chiamati autobus, mentre quelli adibiti al trasporto di merci sono detti autocarri. Il termine autoveicolo include tutti i mezzi sopraelencati, oltre ad alcuni veicoli specializzati, di impiego civile o militare.
Struttura
Le parti principali di un'automobile (esclusa la carrozzeria) sono l'apparato propulsore, gli organi di trasmissione, il treno di rotolamento e il sistema di guida. Nelle automobili del passato e in tutti gli autoveicoli pesanti le varie parti sono fissate a un telaio rigido, o struttura portante, e costituiscono il cosiddetto autotelaio, sul quale è montata la carrozzeria. Nella maggior parte delle automobili moderne, mancanti di telaio e dette "a carrozzeria (o a scocca) portante", tutte le parti sono fissate alla carrozzeria stessa, che in genere è rinforzata da traverse d'acciaio nella parte inferiore (pianale).
Apparato propulsore
L'apparato propulsore comprende il motore e l'impianto di alimentazione del combustibile, il carburatore, l'impianto di accensione, il sistema di lubrificazione e di raffreddamento e il motorino di avviamento.
Motore
La quasi totalità delle automobili adotta
motori a combustione interna, fra i quali prevalgono i motori alternativi a ciclo Otto e a ciclo Diesel. A partire dai primi anni Settanta sono state prodotte anche automobili con motori rotativi. Tutti i motori per automobili sono alimentati da una miscela carburante-comburente, dove il comburente è sempre l'ossigeno atmosferico mentre il carburante dipende dal ciclo impiegato; può essere liquido (benzina, oppure una miscela di alcol e benzina) o gassoso (GPL, oppure metano) nei motori a ciclo Otto, mentre è sempre gasolio nei motori diesel.Il classico motore alternativo (detto anche motore a pistoni) a quattro tempi richiede quattro corse alternate del pistone, due discendenti e due ascendenti, per compiere le quattro fasi del ciclo termodinamico. La prima corsa discendente (fase di aspirazione) crea nel cilindro una depressione che provoca l'aspirazione della miscela carburante-comburente, che viene quindi compressa durante la prima corsa ascendente (fase di compressione). La seconda corsa discendente (fase di combustione ed espansione) è determinata dalla spinta che il pistone riceve dalla massa dei gas in espansione e ad alta temperatura, prodotti dalla combustione della miscela; la seconda corsa ascendente (fase di scarico) consente infine l'evacuazione dei gas combusti.
Le valvole di ammissione e di scarico presenti alla sommità del cilindro regolano l'aspirazione della miscela e l'espulsione dei gas residui. Al termine dell'espansione la pressione dei gas di combustione raggiunge valori compresi fra 2,8 e 3,5 kg per cm
2. Questi gas escono quindi dal cilindro con violenza quasi esplosiva quando la valvola di scarico si apre improvvisamente; passando attraverso il collettore di scarico, essi vengono immessi nel silenziatore, nel quale si espandono prima di essere rilasciati nell'atmosfera.La continuità di erogazione della potenza e la maggiore fluidità di azione del motore a quattro tempi si sono ottenute grazie allo sviluppo del motore a quattro cilindri, sincronizzati in modo che uno di essi sia sempre in fase attiva (cioè nella fase di combustione ed espansione). Un ulteriore aumento di potenza e di fluidità si ottiene con i motori a 6, 8, 10, 12 e 16 cilindri, disposti su una sola fila (motori in linea) o su due file convergenti (motori a V).
Nei primi anni Settanta una casa automobilistica giapponese avviò la produzione di un'automobile propulsa dal motore Wankel, un motore volumetrico rotativo inventato dal tedesco Felix Wankel nei primi anni Cinquanta. Questo tipo di motore, in cui l'elemento mobile è costituito da un rotore dotato di moto rotatorio continuo, anziché da un pistone con moto rettilineo alternativo, può risultare fino a tre volte più leggero rispetto ai motori tradizionali poiché richiede un numero inferiore di candele di accensione, di fasce elastiche e di parti mobili.
Carburatore
Il carburatore è il dispositivo in cui viene prodotta la miscela esplosiva aria-benzina da avviare alla camera di combustione, ed è quindi tipico dei motori alimentati a benzina: in quelli alimentati a gas, la miscela carburante-comburente viene invece preparata da un miscelatore, mentre in quelli alimentati a gasolio il carburante viene spruzzato da un iniettore direttamente nella camera di combustione nella fase di compressione oppure nel condotto di aspirazione nella fase di aspirazione. Quest'ultima soluzione viene adottata, al posto del carburatore, anche in alcuni motori alimentati a benzina, che perciò sono detti "a iniezione".
Il carburatore è costituito essenzialmente da una vaschetta nella quale è posto un galleggiante, e da una camera di carburazione che comunica con il collettore di aspirazione. Il flusso della benzina, spinta da una pompa nella vaschetta, si arresta quando la valvola a punta conica, montata sul galleggiante, è salita fino a chiudere il foro d'ingresso. Nella camera di carburazione, la benzina si mescola all'aria sotto forma di minutissime gocce. Per mantenere il massimo dell'efficienza nelle diverse situazioni, il carburatore comprende vari dispositivi che regolano automaticamente la composizione della miscela (da 16 a 23 grammi di aria per ogni grammo di benzina): un percorso in pianura e a velocità costante, ad esempio, richiede più aria (o meno benzina) che un percorso in salita e nelle accelerazioni. Per avviare il motore, specialmente nella stagione fredda, può essere necessaria una miscela molto ricca di benzina e quindi occorre azionare lo "starter", che apre un condotto supplementare di afflusso della benzina e nello stesso tempo riduce drasticamente l'afflusso d'aria.
Accensione
La miscela aria-benzina aspirata nel cilindro viene compressa dal pistone in corsa ascendente; per effetto dell'aumento di pressione, essa subisce un aumento di temperatura che agevola l'accensione e accelera la
combustione. L'accensione della miscela viene innescata da un arco elettrico (comunemente detto scintilla) che scocca fra gli elettrodi della candela di accensione sporgenti dalla parte superiore (testa) del cilindro.Il tipo di accensione più comune è quello a bobina e spinterogeno, in cui l'alta tensione (10.000-15.000 V) necessaria per produrre l'arco elettrico proviene da un
trasformatore (bobina di accensione); quest'ultimo è alimentato da un generatore di corrente a bassa tensione (12 o, più raramente, 24 V) azionato dal motore stesso dell'automobile. La bobina di accensione è costituita da due avvolgimenti che condividono il nucleo ferromagnetico; il primario è percorso da corrente a bassa tensione, mentre il secondario è isolato dal primario ma sovrapposto a questo. Quando un elemento meccanico mobile (ruttore) interrompe il flusso di corrente a bassa tensione nel primario, nel secondario (che ha un numero di spire maggiore del primario) si genera per induzione una corrente ad alta tensione che fa scoccare l'arco elettrico fra gli elettrodi della candela. Nei normali motori pluricilindrici, un dispositivo meccanico detto distributore, ma più noto come spinterogeno, provvede a collegare nella sequenza corretta le candele dei vari cilindri. I diversi dispositivi meccanici inseriti nel sistema di accensione sono comandati dal motore stesso, mediante il meccanismo della distribuzione che è costituito da trasmissioni a ingranaggi o a cinghia, alberi a camme eccetera.Il sistema di accensione comprende anche il motorino d'avviamento e la batteria di accumulatori. Il primo serve per azionare a freddo i pistoni e avviare il ciclo termodinamico. La batteria di accumulatori, inserita in parallelo con il circuito primario, ha la funzione di fornire corrente al motorino di avviamento, oltre che di alimentare a motore fermo le varie utenze elettriche come la fanaleria esterna, l'illuminazione interna, il tergicristalli, l'impianto di condizionamento eccetera. Una volta che il motore è in funzione, il generatore di corrente, azionato dal motore stesso, fornisce tutta la corrente necessaria ai vari impianti, compreso il sistema di accensione vero e proprio, e ricarica costantemente la batteria.
Lubrificazione e raffreddamento
Data l'elevata temperatura di esercizio, la lubrificazione continua delle parti in movimento del motore è di importanza fondamentale. Nel sistema più comune, detto a circolazione forzata, una pompa aspira l'olio da un serbatoio (coppa) situato sotto il basamento del motore e lo spruzza continuamente sui vari organi da lubrificare: perni di banco dell'albero motore, perni di biella, pareti del cilindro e spinotto del pistone.
Al momento dello "scoppio", cioè della combustione esplosiva della miscela, la temperatura all'interno del cilindro è molto più elevata del punto di fusione della ghisa. Poiché si verificano almeno duemila scoppi al minuto, la parete del cilindro diventa talmente calda che nella fase di espansione il pistone vi si incollerebbe, nonostante l'azione anche parzialmente refrigerante dell'olio di lubrificazione. I cilindri vengono perciò costantemente raffreddati da un flusso d'acqua che circola velocemente all'interno della testa e del basamento. Nella stagione fredda, all'acqua viene aggiunto un liquido antigelo, cioè un liquido a punto di congelamento molto basso come l'alcol etilico o metilico oppure, più comunemente, glicole etilenico.
Per impedire l'eccessivo riscaldamento dell'acqua, che altrimenti raggiungerebbe in brevissimo tempo la temperatura di ebollizione, nell'impianto di raffreddamento del motore è inserito un radiatore. Questo dispositivo è posto in genere nella parte anteriore dell'automobile ed è costituito da una serie di piccoli tubi comunicanti, che vengono percorsi dall'acqua calda proveniente dal motore e sono raffreddati esternamente dal flusso d'aria originato dall'avanzamento stesso dell'automobile. Con il motore in azione ma con l'automobile ferma o in moto a bassa velocità, e quindi in mancanza o insufficienza della corrente d'aria naturale, entra in funzione una ventola comandata da un termostato che rileva la temperatura dell'acqua.
Nei motori raffreddati ad aria non c'è radiatore e il calore viene asportato in parte dall'aria naturale e in parte da una corrente d'aria forzata, prodotta da una ventola sempre in funzione.
Motorino d'avviamento
A differenza della
macchina a vapore, il motore a combustione interna deve essere avviato a freddo. Il motorino d'avviamento, alimentato dalla batteria di accumulatori, fa girare l'albero a gomiti e quindi, azionando i pistoni, crea la depressione necessaria al compimento della prima fase del ciclo termodinamico. Il motorino d'avviamento è un motore elettrico molto robusto e può operare, per periodi di tempo brevi, in condizioni di pesante sovraccarico. Nelle automobili moderne agisce automaticamente quando si gira la chiave di accensione.Organi di trasmissione
La coppia motrice dell'albero a gomiti viene trasmessa, attraverso l'innesto a frizione, al cambio di velocità e da questo al differenziale che la ripartisce fra le due ruote motrici. Nelle automobili tradizionali, a motore anteriore e trazione posteriore, fra il cambio di velocità e il differenziale è interposto l'albero di trasmissione; questo è collegato ai due organi mediante giunti elastici che attutiscono le sollecitazioni meccaniche dovute alle variazioni di velocità. Nelle automobili "tutto avanti" o "tutto dietro" (cioè con motore e trazione anteriori o con motore e trazione posteriori), invece, cambio e differenziale fanno corpo unico e non è previsto l'albero di trasmissione.
Frizione
La frizione è l'organo con il quale si realizza o si annulla il collegamento fra l'albero a gomiti, o albero motore, e il cambio di velocità. Può essere di due tipi principali: meccanica o idraulica. La frizione meccanica, che è la più comune, si chiama propriamente innesto a frizione e il nome deriva dal fatto che albero motore e albero primario del cambio vengono collegati da un disco di materiale ad alto coefficiente di attrito, stretto tra la faccia esterna del volano (con il quale termina l'albero motore) e la faccia contrapposta di una flangia (spingidisco) scorrevole assialmente lungo le scanalature dell'albero del cambio. A pedale della frizione in posizione di riposo, una serie di molle tiene lo spingidisco strettamente pressato contro il disco e quindi questo contro il volano, il quale in tal modo trascina in rotazione tutto il sistema. Abbassando il pedale della frizione, si vince la forza di pressione delle molle e quindi lo spingidisco arretra, disinnestando il collegamento. La frizione idraulica, che propriamente è un giunto idraulico, è costituita essenzialmente da una scatola circolare piena di olio, munita di una palettatura interna e solidale con l'albero motore (girante conduttrice); all'interno di questa si trova una ruota a palette (girante condotta) solidale con l'albero primario del cambio. Girando, la conduttrice imprime un moto rotatorio alla massa dell'olio e questa lo trasmette gradualmente alla condotta, trascinandola in rotazione. Il vantaggio del giunto idraulico rispetto all'innesto a frizione è una maggiore gradualità di avvio, senza bruschi strappi; inoltre, entrando in funzione automaticamente quando l'albero motore raggiunge un dato numero di giri, non richiede l'uso del pedale (e infatti viene anche chiamata frizione automatica); gli svantaggi sono una sensibile perdita di potenza motrice e l'impossibilità di arresti improvvisi dell'automobile perché il giunto resta in funzione fino a quando la velocità di rotazione dell'albero motore non si riduce a sufficienza.
Cambio di velocità
Il cambio di velocità è un meccanismo che consente di variare il rapporto fra la velocità di rotazione dell'albero motore e quella delle ruote motrici (e, in proporzione inversa, il rapporto fra la coppia motrice dell'albero motore e quella delle ruote motrici). I tre tipi principali attualmente in uso sono il cambio tradizionale a
ruote dentate, il cambio semiautomatico e il convertitore di coppia.Il cambio tradizionale, o cambio meccanico, consente generalmente quattro o cinque velocità in avanti e una in retromarcia; è chiuso in un involucro a tenuta ermetica (scatola del cambio) ed è costituito da quattro alberi, recanti più ruote dentate di vario diametro che agiscono sempre in bagno d'olio. L'albero primario (o di entrata) riceve il moto rotatorio dallo spingidisco della frizione e lo trasmette all'albero di rinvio, che lo trasmette a sua volta all'albero secondario (o di uscita); quest'ultimo è collegato con il differenziale in modo diretto o mediante l'albero di trasmissione. Nel quarto albero (quello della retromarcia), una ruota folle inverte il moto di rotazione dell'albero secondario rispetto al primario. Di solito nei cambi a quattro velocità in avanti la marcia superiore, cioè la quarta, si innesta collegando direttamente (in presa diretta) l'albero secondario e il primario, che sono coassiali, mentre le tre marce inferiori si innestano facendo ingranare le ruote dentate corrispondenti. Nelle automobili moderne le varie coppie di ruote dentate sono in presa; quelle dell'albero secondario girano in folle finché, azionando la leva di selezione delle marce, si blocca la ruota voluta mediante un anello a frizione (sincronizzatore). Nei cambi a cinque velocità generalmente la quinta marcia viene innestata mediante un moltiplicatore di velocità (overdrive), per cui la velocità di rotazione delle ruote motrici risulta superiore a quella dell'albero motore. Ciò consente, in condizioni stradali favorevoli, di aumentare la velocità dell'automobile senza superare il limite operativo del motore.
Il cambio semiautomatico, o cambio idromeccanico, è di fatto un cambio a ruote dentate abbinato con un giunto idraulico; la selezione delle marce viene operata da un regolatore meccanico comandato dalla pressione esercitata sul pedale dell'acceleratore, mediante un sistema idraulico. Il cambio semiautomatico comporta una perdita di potenza ma presenta il vantaggio di consentire un gran numero di marce in avanti.
Il convertitore di coppia, detto comunemente cambio idraulico o automatico, agisce in base allo stesso principio del giunto idraulico. Schematicamente è costituito da un involucro fisso (carcassa) contenente olio in cui operano due giranti coassiali, una delle quali (pompa) è solidale con l'albero motore, mentre l'altra (turbina) con l'albero secondario. Quando l'albero motore è in rotazione, l'alettatura di cui è provvista la pompa spinge l'olio contro la corrispondente alettatura della turbina, che viene così posta in rotazione. In questo passaggio l'olio perde velocità e ritorna verso il centro della turbina dove incontra la palettatura (distributore) di cui è munito l'interno della carcassa, che lo invia di nuovo verso la pompa. Il convertitore consente un numero illimitato di rapporti e, mediante un preselettore azionato da una leva, anche la retromarcia, ma la notevole perdita di potenza ne rende l'impiego accettabile solo sulle automobili di grossa cilindrata.
Treno di rotolamento
Il treno di rotolamento, che comprende le sospensioni, gli stabilizzatori e le ruote, è costituito da due parti distinte, collegate al telaio (quando esiste) o con il pianale della carrozzeria: l'avantreno, o treno anteriore, e il retrotreno, o treno posteriore. Il collegamento è realizzato mediante un sistema di molle a balestra o, nelle automobili più moderne, per mezzo di molloni elicoidali che, con i semiassi, i bracci di controllo e di sostegno e gli ammortizzatori, costituiscono il sistema di sospensione delle ruote. In genere le quattro ruote hanno sospensioni indipendenti, in modo che ciascuna di esse possa variare il proprio piano senza influenzare in modo sensibile l'altra ruota della coppia. Gli stabilizzatori, o barre di torsione, sono costituiti da barre d'acciaio che collegano ciascuna coppia di ammortizzatori per ridurre il rollio e migliorare la tenuta di strada. Le ruote sono quasi sempre costituite da un disco metallico, imbullonato al mozzo, sul quale è montato il pneumatico con o senza (pneumatico tubeless) camera d'aria. Mediante il fuso a snodo, il mozzo è collegato con il semiasse.
Organi di guida
La guida è controllata da un volante montato all'estremità superiore di un tubo (piantone dello sterzo) libero di ruotare all'interno di una colonna inclinata su cui si trovano i comandi dell'impianto elettrico e le levette delle luci, del tergicristallo eccetera. L'altra estremità del piantone è collegata allo sterzo, che è costituito da un sistema di leve e tiranti azionato da un meccanismo a settore dentato e vite senza fine; questo meccanismo è contenuto nella scatola dello sterzo e collegato con i fusi a snodo delle ruote direttrici. Le automobili di grossa e media cilindrata sono dotate di servosterzo, cioè di un meccanismo idraulico impiegato come amplificatore di potenza per ridurre lo sforzo di guida.
I sistemi di frenatura sono due: uno azionato a mano, detto freno di emergenza e stazionamento, l'altro azionato a pedale, detto freno d'esercizio. Il freno a mano, a comando meccanico, agisce solo sulle ruote posteriori (raramente sull'albero motore), mentre il freno a pedale, a comando idraulico, agisce sulle quattro ruote, ma spesso con due circuiti indipendenti. I freni delle ruote posteriori sono del tipo a tamburo con ceppi a espansione: due lastrine convesse di materiale ad alto coefficiente di attrito sono fissate a due ceppi che le premono contro la superficie interna, concava, di un tamburo d'acciaio solidale con la ruota. Quelli delle ruote anteriori, in passato anch'essi a tamburo, oggi sono quasi sempre del tipo a disco, molto più efficienti: due lastre piatte (note come pastiglie) dello stesso materiale ad alto coefficiente di attrito sono fissate internamente a due ganasce di una pinza che serra un disco d'acciaio solidale con la ruota.
Nuovi sviluppi
Negli anni Settanta, la carenza di
petrolio e il consistente aumento dei prezzi dei carburanti stimolarono i costruttori di automobili a mettere a punto nuovi motori e a sviluppare tecnologie che permettessero un risparmio di carburante. Dai primi anni Ottanta i pesanti motori a benzina sono stati in parte sostituiti da motori a quattro cilindri a V (e anche a tre cilindri), spesso senza spinterogeno e senza carburatore ma dotati di una centralina elettronica che comanda sia l'accensione sia l'iniezione di carburante nei cilindri, con sensibile risparmio sui costi di esercizio. L'applicazione dell'elettronica all'automobile, cominciata in quel periodo, si è poi estesa al controllo dei cambi automatici, ai tachimetri digitali e ad apparecchiature che forniscono informazioni sullo stato di manutenzione e sulle situazioni di emergenza.Grazie all'impiego di acciai leggeri, alluminio, magnesio e materie plastiche, i produttori hanno anche ridotto drasticamente i pesi e le dimensioni delle automobili, contribuendo a ridurre i consumi di carburante. La tecnologia della trazione anteriore, che consente di portare un numero più elevato di passeggeri o un volume di carico superiore all'interno di automobili più piccole, è stata ormai adottata in tutto il mondo al posto della tradizionale trazione posteriore.
Motori
I tentativi di sviluppare nuovi motori non hanno dato finora esiti convincenti. Il motore a turbina resta poco interessante a causa degli elevati costi di produzione e per la persistenza di problemi emersi nello sviluppo; il motore Stirling è stato ripreso in considerazione ma resta affetto da difficoltà tecniche; il motore a vapore fu sperimentato sulle automobili negli anni Sessanta e Settanta ma si dimostrò inattuabile; il motore Wankel, pur capace di alte prestazioni, è intrinsecamente meno efficiente dal punto di vista del consumo di carburante e ha quindi una produzione molto limitata.
Più promettente sembra il futuro dei motori diesel e di quelli elettrici. Alla fine degli anni Settanta, negli Stati Uniti, la General Motors produsse motori diesel a otto cilindri, ma dai primi anni Ottanta sono sempre più utilizzati motori a sei e a quattro cilindri a V, che hanno un'economia di esercizio superiore fino al 25% rispetto ai corrispondenti motori a ciclo Otto. L'avvento dei diesel turbocompressi ha risolto anche il problema della scarsa accelerazione, che è stato uno dei principali difetti di questo tipo di motore.
Gli importanti progressi nella tecnologia delle batterie di accumulatori hanno consentito la produzione di automobili a motore elettrico capaci di velocità fino a 80 km/h, con un'autonomia anche superiore a 160 chilometri.