Tettonica a zolle
Teoria della tettonica globale che costituisce, per la moderna geologia, la principale chiave interpretativa per comprendere la struttura, la storia e la dinamica della crosta terrestre. Questa teoria prevede che la crosta solida sia suddivisa in una ventina di zolle semirigide, i cui margini costituiscono zone di intensa attività tettonica, dove tendono a verificarsi terremoti ed eruzioni vulcaniche (Vedi Vulcanismo).
I precedenti
Per quanto la rivoluzione operata nel pensiero geologico da questa teoria sia recente (anni Sessanta e Settanta), le radici della tettonica a zolle risalgono addirittura al secolo scorso. James Hall, geologo di New York, osservò che i sedimenti accumulati nelle catene montuose sono almeno dieci volte più spessi di quelli che si trovano nelle zone continentali interne della Terra. Ciò pose le premesse per la successiva teoria della geosinclinale, molto diffusa all'inizio del secolo, secondo la quale la crosta continentale si accresce per aggiunte successive, costituite dai sedimenti di geosinclinale corrugati fino al consolidamento. Un'altra scoperta del XIX secolo fu quella relativa all'esistenza di una dorsale medio-oceanica nell'oceano Atlantico; negli anni Venti gli scienziati sapevano ormai che questa dorsale faceva parte di un sistema esteso a tutti gli oceani del mondo.Tra il 1908 e il 1912, teorie sulla deriva dei continenti erano state proposte da
Alfred Lothar Wegener e altri geologi, i quali avevano riconosciuto come le zolle continentali potessero frammentarsi, andare alla deriva e addirittura in collisione reciproca. Tali collisioni ripiegherebbero i sedimenti di geosinclinale, creando catene montuose. Le indagini geofisiche sulla densità della Terra e le osservazioni dei petrografi avevano precedentemente mostrato che la crosta terrestre consiste di due materiali completamente diversi: il sima, roccia a base di silicati di magnesio (tipicamente basalto), che è caratteristica della crosta oceanica, e il sial, o roccia a base di silicati di alluminio (tipicamente granito), caratteristica di crosta continentale. Wegener pensava che le zolle continentali sialiche "navigassero" attraverso la crosta oceanica simatica come iceberg in un oceano. In seguito i geologi hanno scoperto la cosiddetta astenosfera, uno strato del mantello terrestre a comportamento relativamente plastico, che giace al di sotto della crosta a una profondità variabile tra 50 e 150 km. Dapprima dedotta ipoteticamente, l'esistenza dell'astenosfera è stata in seguito dimostrata con metodi sismici.Uno degli argomenti più persuasivi avanzati da Wegener per dimostrare la realtà della deriva dei continenti era la corrispondenza geometrica di margini continentali che egli sosteneva essersi allontanati.
A sostegno della sua teoria portò anche considerazioni su età, tipo e struttura delle formazioni rocciose sulle sponde opposte dell'oceano Atlantico: in Brasile e in Africa occidentale. In tali formazioni, inoltre, erano stati rinvenuti fossili degli stessi animali terrestri.Una simile corrispondenza non è tuttavia riscontrabile in altri margini continentali (ad esempio in tutta la cintura circumpacifica). Ciò fu osservato già intorno al 1880 dal geologo viennese Eduard Sues che propose la distinzione fra un "tipo atlantico" di margine, caratterizzato da brusco troncamento di catene montuose di età precedente, e un "tipo pacifico", connotato da catene montuose a cordigliera, allineamenti di
vulcani e frequenti terremoti.Espansione dei fondi oceanici
Negli anni Venti, lo studio dei fondi oceanici registrò un notevole progresso quando il
sonar, il dispositivo di ecoscandaglio, fu modificato in modo da poter misurare le profondità oceaniche e rilevare la topografia sottomarina. Diverse tecniche di ricerca oceanografica diedero risultati fondamentali: i profili magnetometrici attraverso le dorsali medio-oceaniche rilevarono che le rocce ai lati della dorsale erano disposte in bande simmetriche di diversa orientazione magnetica; la datazione dei basalti di fondo oceanico dimostrò che le rocce più vicine all'asse della dorsale erano effettivamente le più giovani. Inoltre, in corrispondenza della cresta della dorsale non si riscontrava alcun sedimento marino: i sedimenti appaiono ai lati e diventano più spessi a mano a mano che ci si allontana dalla dorsale. Queste e altre osservazioni suggerirono l'ipotesi secondo cui la dorsale è il luogo di generazione di nuova crosta oceanica: essa viene trasportata come magma dalle correnti convettive interne, e non appena fuoriesce sul fondo oceanico si raffredda rapidamente, solidificando in roccia. Per fare spazio a questa continua aggiunta di nuova crosta, le zolle ai due lati della dorsale devono costantemente allontanarsi l'una dall'altra. Nell'Atlantico settentrionale, la velocità di movimento è dell'ordine di 1 cm all'anno, mentre nel Pacifico si raggiungono i 4 cm. Questi movimenti così lenti, provocati dalle correnti di convezione che hanno origine nel mantello, hanno generato – nel corso di milioni di anni – il fenomeno della deriva dei continenti.Attualmente possiamo vedere un inizio del processo di frammentazione continentale nella grande Rift Valley africana, che partendo dalla valle del Giordano e dal mar Morto, passando per il mar Rosso, va ad attraversare l'Etiopia e gran parte dell'Africa orientale. Questo rift è l'inizio di una lacerazione della crosta continentale, che prelude all'apertura di un nuovo oceano.
Le nuove carte fisiografiche del fondo oceanico hanno anche rivelato che la cresta della dorsale medio-oceanica presenta profonde zone di frattura trasversali. Queste fratture corrispondono alle cosiddette
faglie trasformi, che si sono sviluppate per scaricare le tensioni generate da tassi diseguali di espansione oceanica. Per quanto la maggior parte di queste faglie sia nascosta sotto gli oceani, una di esse, l'altamente sismica faglia di San Andreas, emerge dall'oceano Pacifico in prossimità di San Francisco e attraversa centinaia di chilometri di territorio.Archi vulcanici e subduzione
I problemi dinamici delle coste di tipo pacifico furono riconosciuti fin dagli anni Trenta dai sismologi americani; essi mostrarono che i terremoti associati a queste fasce si originavano a scarsa profondità in corrispondenza del lato esterno (a mare) degli archi insulari vulcanici e che la profondità dell'ipocentro aumentava fino a raggiungere un massimo di 700
km a una distanza di 700 km nel retroarco. Dopo un'attenta analisi di un singolo caso, il sismologo statunitense Hugo Benioff concluse che questa geometria corrispondeva a un piano di faglia che si estendeva attraverso la crosta fino a raggiungere il mantello superiore, con un'inclinazione verso il continente di circa 45°. Un simile sottoscorrimento, in corrispondenza della catena alpina, era stato ipotizzato nel 1906. Negli anni Cinquanta questo processo fu detto di "subduzione".L'esistenza di simili piani di subduzione (attuali o inattivi) è stata ora dimostrata lungo quasi tutte le coste di tipo pacifico. La maggior parte di queste fasce presenta un sistema di faglie principali che decorre parallelamente al sistema montuoso.
A intervalli di tempo più o meno lunghi, le faglie possono mettersi in movimento graduale o improvviso: in un singolo episodio sismico può prodursi uno spostamento anche di 5 m. Faglie simili si trovano in Cile, Alaska, Giappone, Taiwan, nelle Filippine, in Nuova Zelanda e a Sumatra.Nel corso della subduzione, la crosta oceanica viene costantemente trascinata nel mantello, dove subisce fusione. Dato questo continuo riciclo, nessuna parte dell'attuale crosta oceanica supera l'età di 200 milioni di anni.
Un effetto importante della fusione di crosta oceanica subdotta è la produzione di nuovo magma. Quando la crosta oceanica fonde, il magma che si forma risale dal piano di subduzione fino alla superficie terrestre. L'eruzione di magmi prodotti dalla subduzione ha creato lunghe catene ad arco di isole vulcaniche, come il Giappone, le Filippine e le Aleutine. Laddove una zolla tettonica oceanica va in subduzione al di sotto della crosta continentale, il magma prodotto dalla fusione della crosta oceanica risale attraverso vulcani situati tra lunghe catene montuose a sviluppo lineare, come la
cordigliera delle Ande, fino a 100 km procedendo nell'entroterra a partire dalla zona di subduzione. Oltre a creare e alimentare i vulcani, la fusione di crosta oceanica subdotta è responsabile della formazione di giacimenti di minerali metallici.Tettonica a zolle integrata
Tutto questo bagaglio di idee e conoscenze doveva essere organizzato in una teoria integrata della dinamica terrestre. Negli anni Cinquanta, il geofisico canadese Tuzo Wilson ha dimostrato la continuità globale delle zone di subduzione. Xavier LePichon, uno studente francese di sismologia al Lamont, ha determinato la geometria delle zolle attraverso dati di tipo sismico, mentre il geofisico americano Robert Sinclair Dietz ha ricostruito a ritroso nel tempo le posizioni dei continenti e delle zolle oceaniche fino a 200 milioni di anni fa. Negli anni la teoria della tettonica a zolle è stata discussa, messa alla prova e ampliata: è divenuta sia un paradigma sia un centro di controversie per le scienze geologiche.