Movimento filosofico e letterario diffusosi in Europa e in America dall'inizio del XVIII secolo fino alla rivoluzione francese. L'espressione veniva usata frequentemente dagli scrittori del tempo, convinti di emergere da un'epoca di oscurità e ignoranza e di dirigersi verso una nuova era illuminata dalla ragione, dalla scienza e dal rispetto per l'umanità.

Precursori

Possono essere definiti precursori dell'illuminismo René Descartes e Baruch Spinoza, Thomas Hobbes e John Locke, oltre ai pensatori scettici francesi come Pierre Bayle. Di pari importanza, tuttavia, fu la sicurezza generata sia dalle scoperte scientifiche di Nicolò Copernico e Galileo, sia dal relativismo culturale dovuto alle esplorazioni geografiche.

Uno degli assunti fondamentali dei filosofi illuministi fu la diffusione di una fede incrollabile nel potere della ragione umana, destato per la prima volta dalla scoperta della gravitazione universale da parte di Isaac Newton: se l'umanità poteva schiudere le leggi dell'universo – leggi sovrannaturali – si sarebbero potute scoprire anche le leggi regolatrici del corpo sociale e del mondo naturale. Si pensò allora che, usando saggiamente la ragione, sarebbe stato possibile un progresso indefinito della conoscenza, della tecnica e dei valori morali.

Affermazione del pensiero illuministico

Per mezzo di un'educazione appropriata, l'umanità stessa poteva mutare la sua natura e migliorarla indefinitamente: la scoperta della verità sarebbe avvenuta osservando la natura, piuttosto che consultando autorità come Aristotele e la Bibbia; sebbene la Chiesa cattolica fosse vista come la principale responsabile della sottomissione della ragione umana nel passato, molti pensatori illuministi non rinunciarono totalmente alla religione, optando piuttosto per una forma di deismo che rifiutava comunque la teologia cristiana: le aspirazioni umane dovevano mirare al miglioramento della vita terrena, non di quella post mortem. Nulla fu attaccato più ferocemente della Chiesa: per la sua ricchezza, il potere temporale e il divieto del libero esercizio della ragione.

Più che un pensiero sistematico, l'illuminismo contrassegnò uno stile intellettuale e un metodo argomentativo. Secondo Immanuel Kant, il motto dell'epoca era "osare per sapere"; nacque un desiderio di porre in discussione concetti e valori acquisiti, di indagare nuove idee in direzioni molteplici: di qui le incongruenze e le contraddizioni di molti scritti del XVIII secolo. Molti illuministi non furono filosofi nel comune senso del termine, bensì divulgatori impegnati in un consapevole tentativo di persuasione. Autodefinendosi "partito dell'umanità", essi tentarono di guadagnare il favore dell'opinione pubblica pubblicando opuscoli, trattatelli anonimi e un gran numero di giornali e riviste. Dal momento che erano pubblicisti quanto veri filosofi, gli storici li definiscono spesso con il termine francese philosophes.

Per molti versi, la patria dei philosophes fu la Francia. Il filosofo della politica e giurista Charles de Montesquieu, uno dei primi esponenti del movimento, esordì pubblicando scritti satirici contro le istituzioni contemporaneamente al suo monumentale studio sulle istituzioni politiche, Lo spirito delle leggi (1748). A Parigi Denis Diderot, autore di numerosi trattati filosofici, incominciò la pubblicazione dell'Encyclopédie nel 1751-1772. Quest'opera, a cui collaborarono diversi philosophes, fu tanto un compendio di conoscenze quanto un veicolo di promozione delle posizioni illuministe e di critica degli oppositori.

Il più rappresentativo tra gli scrittori illuministi francesi fu indubbiamente Voltaire, che iniziò la sua carriera come drammaturgo e poeta e fu autore di pamphlets, saggi, satire e racconti brevi nei quali divulgò la scienza e la filosofia della sua epoca; intrattenne inoltre una voluminosa corrispondenza con scrittori e monarchi europei. Gli scritti di Jean-Jacques Rousseau, come Il Contratto sociale (1762), Emilio (1762) e le Confessioni (1782), esercitarono una profonda influenza sulle teorie politiche e pedagogiche del secolo seguente e a dare impulso al romanticismo ottocentesco.

L'illuminismo fu anche un movimento profondamente cosmopolita e contrario al nazionalismo, radicato nei diversi paesi europei. Kant in Germania, David Hume in Scozia, Cesare Beccaria in Italia, Benjamin Franklin e Thomas Jefferson nelle colonie americane mantennero tutti stretti contatti con i philosophes francesi, e contribuirono in grande misura essi stessi al movimento.

Durante la prima metà del XVIII secolo, molti tra i principali esponenti dell'illuminismo vennero incarcerati per i loro scritti o furono messi a tacere dalla censura governativa e dagli attacchi della Chiesa. Gli ultimi decenni del secolo segnarono invece il trionfo del movimento in Europa e in America. Dal 1770 in poi l'incremento della pubblicazione di riviste e libri assicurò un'ampia diffusione delle idee illuministe; gli esperimenti scientifici e gli scritti filosofici inaugurarono una moda diffusa persino tra i nobili e il clero, e alcuni sovrani europei adottarono le idee e il linguaggio dell'illuminismo. Voltaire e altri philosophes, che erano attratti dal concetto di filosofo-re che illuminava il popolo dall'alto, guardarono con favore alla politica dei cosiddetti despoti illuminati, come Federico II di Prussia, Caterina di Russia e Giuseppe II d'Austria.

Termine dell'Età dei Lumi

Si è soliti far terminare l'epoca illuminista con la rivoluzione francese del 1789. Alcuni storici imputano proprio alla tensione politica e sociale del periodo la responsabilità della rivoluzione. Pur avendo assimilato molti degli ideali dei philosophes, la rivoluzione, nei suoi episodi più sanguinosi tra il 1792 e il 1794, gettò per un certo periodo discredito su queste idee agli occhi di molti europei del tempo. L'illuminismo lasciò invece la sua eredità ideale al XIX e al XX secolo, sottolineando il declino della Chiesa e la nascita della secolarizzazione moderna, fungendo da modello per la politica e l'economia del liberalismo e per la svolta filantropica del mondo occidentale nell'Ottocento. Fu lo spartiacque dell'inversione di tendenza subita dalla convinzione nella possibilità e nella necessità del progresso; convinzione che sopravvisse, anche se in misura minore, nel XX secolo.