Avanguardia
Termine mutuato dal lessico militare, che nella storia letteraria e artistica indica numerosi movimenti culturali sorti in Europa tra la fine dell’Ottocento e i primi decenni del Novecento, come il futurismo, l’espressionismo, il dada o il surrealismo (detti "avanguardie storiche"), distinti da movimenti analoghi del secondo dopoguerra (le "neoavanguardie", fra cui il Gruppo 63).
L’esigenza fondamentale dei gruppi d’avanguardia è una radicale trasformazione dei linguaggi artistici, considerati troppo legati al gusto borghese e al suo conformismo. L’arte deve affrancarsi dall’oppressione del potere, che si riproduce nel linguaggio accademico; solo allora può assumere forme nuove, libere, rivoluzionarie: questo è lo scopo dell’avanguardia, perseguito a prezzo dell’eliminazione delle strutture comunicative tradizionali e di una sfida violenta a ogni convenzione consolidata.
Le esperienze avanguardistiche in letteratura furono numerose e differenziate. Il Manifesto (1909) di F.T. Marinetti inaugurò il futurismo in Italia, e aprì la strada al movimento parallelo, ma di opposto segno politico, in Russia, promosso da V.V. Majakovskij. L’espressionismo tedesco diede origine a varie correnti fra il 1910 e il 1924, ed ebbe fra i suoi maggiori rappresentanti A. Döblin, F. Werfel, G. Trakl, E. Toller e B. Brecht. Gli artisti che frequentavano il Cabaret Voltaire di Zurigo, fra i quali T. Tzara, diedero vita nel 1916 al dada, che confluì nel surrealismo, definito dal Manifesto di A. Breton (1924), cui aderirono, fra gli altri, P. Eluard, A. Artaud, R. Daumal, G. Bataille.
L’esperienza dell’avanguardia, pur con esiti discontinui, ebbe un’importante funzione di rinnovamento, che coinvolse tutte le arti, dalla pittura al teatro, dalla musica al cinema.